Aaron Coyes e Indra Dunis arrivano da Madison, nel Wisconsin. Entrambi originari della California, hanno suonato nei Numbers, progetto indie di Indra, Dave Broekema ed Eric Landmark; negli Unborn Unicorn; nei Face Plant, progetto solista di Aaron; e, insieme, nei Rahdunes, che vi consiglio di ascoltare perché fanno roba da Nurse With Wound List.
Nel caso dei Peaking Lights, l'ultima creatura della coppia americana, parlare di DIY è riduttivo. Coyes è un vero costruttore di suoni: crea degli intonarumori ai quali vengono affiancati strumenti convenzionali come la chitarra e i synth, spesso modificati come nel caso dei sintetizzatori, partendo da radio a transistor, pedali rotti, sveglie, vecchie drum machine, con risultati davvero sorprendenti. In un certo senso, è una specie di Chris Carter.
Quello dei Peaking Lights, quindi, grazie alla passione di Aaron per l'elettronica analogica (e non solo) e alle esperienze musicali di Indra (quando si sono conosciuti lui arrivava dal circuito noise, mentre lei sostanzialmente faceva pop), è un suono estremamente originale e lo-fi che tocca la psichedelia, il kraut, il dream pop, fino ad arrivare al dub di Peter Tosh, e richiama alla mente la mitologia pagana, i sacrifici alla natura, il primitivo e inquietante splendore delle foreste. E' soprattutto Owls Barning, il pezzo che chiude Imaginary Falcons - un disco che rasenta la perfezione uscito nel 2009 in cassetta su Not Not Fun e in vinile su Night People - ad essere intriso di misticismo. Forse non è un caso che insieme a Intro To Imaginary Falcons, traccia di apertura dell'album, crei una struttura circolare che ricorda il concetto di movimento e di dissoluzione cosmica.
Noi li abbiamo visti giovedì a Bologna, al MODOinfoshop, nota libreria di via Mascarella famosa per essere l'Helvete dell'Emilia Romagna (sostituite black metal con musica brutta).
Abbiamo beccato Aaron e Indra al bar insieme a David Vanzan e Virginia Genta, che con i Golden Jooklo Age hanno registrato uno split insieme ai Peaking Lights uscito nel 2009 per la Holidays Records.
In attesa del concerto ho bevuto una considerevole quantità di birra, cosa che ha reso il live ancora più interessante: poltrona, poca luce, leggero stordimento, le macchine realizzate da Aaron, la voce di Indra... ho finalmente capito come mi sarei sentita se avessi visto gli Amon Düül II dal vivo.
Andateli a vedere, se vi capita, perché ne vale veramente la pena. Soprattutto ascoltateli, perché si tratta di uno dei progetti più interessanti degli ultimi anni.
martedì 23 marzo 2010
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Ho ascoltato l'ultimo disco, 936, ed è straordinario! Sarebbe bellissimo ascoltarli dal vivo.
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